Aggiornamento: 1 dicembre 2010
 
DOTT. GENNARO CARATOZZOLO Malattie dell'Apparato Respiratorio Disturbi Respiratori nel Sonno
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Disturbi Respiratori nel Sonno
DISTURBI RESPIRATORI LEGATI AL SONNO
 
È noto che il sonno costituisce una condizione relativamente sfavorevole per la respirazione. All’inizio del sonno e durante la fase di sonno non REM si osservano irregolarità del respiro legate a modificazioni della risposta ventilatoria all’ipossia e all’ipercapnia ma anche a differenze dei sistemi di controllo della O2, e CO2 essendo la risposta della PaO2 alle variazioni della ventilazione più rapida rispetto a quelle della PaCO2. Il sonno inoltre non è una condizione omogenea ma è costituito dall’alternarsi di stadi differenti dal punto di vista neurofisiologico, il sonno tranquillo (NREM) e il sonno attivo (REM). Nella fase NREM ci sono periodiche e regolari oscillazioni del volume corrente con alternanza di iperventilazione e di ipoventilazione con conseguente diminuzione della PaO2 di 3-9mmHg e aumento della PaCO2 di 3-7mmHg.
Durante il sonno REM c’è una estrema variabilità della ventilazione con un respiro molto irregolare. La ventilazione minuto è più ridotta che nella fase NREM raggiungendo l'80-85% del livello da sveglio, e si osservano variazioni più significative della saturazione arteriosa rispetto alla fase NREM, che sono più evidenti con l'età avanzata e con l’obesità.
Nelle due fasi di sonno si riscontrano notevoli differenze nei meccanismi di controllo e di regolazione della ventilazione. Nel sonno REM c’è una maggiore variabilità di risposta alle stimolazioni ipossiemiche e all’ipercapnia, cioè la soglia di risposta oscilla. La risposta alla CO2 è maggiormente diminuita nella fase REM e l'ipercapnia che provoca il risveglio nel REM è più alta di quella che lo provoca nel NREM.
In relazione agli effetti del sonno sull'apparato respiratorio, si possono presentare tre situazioni, e cioè il sonno può:
1) peggiorare patologie o condizioni che possono essere ben compensate durante la veglia (BPCO senza Insufficienza respiratoria diurna, malattie neuromuscolari o scheletriche, cardiopatie congestizie, obesità);
2) scompensare patologie o condizioni che sono già evidenti in veglia (insufficienza respiratoria in varie situazioni patologiche);
3) determinare vere e proprie malattie peculiari in soggetti che possono essere asintomatici durante la veglia.
Il complesso di tutte queste alterazioni respiratorie legate al sonno costituisce il capitolo ancora poco conosciuto e sottovalutato dei disturbi respiratori legati al sonno (SRDB). La prevalenza degli SRDB (si calcola che potrebbero essere presenti nel 25% della popolazione) e la possibilità di procedimenti terapeutici efficaci ha comportato negli ultimi anni un crescente interesse per lo sviluppo di Centri e Strutture in grado di riconoscere questi disturbi che spesso si manifestano con sintomatologia subdola e non specifica e di poterli trattare.
 
 
Classificazione dei Disturbi Respiratori Legati al Sonno (SRDB)
 
Gli SRDB possono essere divisi in due categorie:
1) SRDB con ostruzione delle alte vie aeree il cui prototipo è l'apnea ostruttiva, che comprendono oltre al russamento semplice, che può essere accompagnato da desaturazioni arteriose, la sindrome da aumentata resistenza delle vie aeree o Upper Airway Resistence Syndrome (UARS), riconosciuta solo recentemente e caratterizzata da aumento delle resistenze delle vie aeree superiori, associata ad ipersonnia diurna senza apnee;
 
2) SRDB senza ostruzione delle alte vie aeree, che comprendono le apnee centrali, le ipoventilazioni primarie o idiopatiche (S. di Ondine), le ipoventilazioni secondarie che si possono presentare in alcune malattie polmonari, malattie scheletriche, neuromuscolari, cerebrali, cardiovascolari e nelle forme severe di obesità.
Questi disordini funzionali possono presentarsi in varie patologie e possono essere responsabili di numerosi e svariati sintomi (Tab. I).
 



Ci sono poi patologie che si caratterizzano specificamente ed esclusivamente per la presenza di SRDB e la cui prognosi è legata strettamente al trattamento di questi disturbi respiratori: la sleep apnea ostruttiva (OSAS), la sleep apnea centrale (CSA), l'obesity hypoventilation syndrome (OHS), la ipoventilazione secondaria a malattie neuromuscolari e della gabbia toracica.
 
La Sindrome delle Apnee Ostruttive (OSAS)
 
Le Apnee Ostruttive rappresentano i più comuni e caratteristici disordini respiratori che possono verificarsi durante il sonno. Queste consistono in occlusione delle alte vie aeree, con arresto totale o parziale (dette in questo caso ipopnee) del flusso naso-buccale, per la durata di almeno 10 secondi. Questa si determina quando la pressione negativa intratoracica generata all’interno della gabbia toracica e trasmessa alle alte vie aeree non è adeguatamente controbilanciata dal tono dei muscoli faringei, determinandosi così uno squilibrio fra le forze che collassano e quelle che dilatano a favore delle prime. L'ostruzione si sviluppa a livello di un segmento “critico” delle vie respiratorie, il faringe, struttura dotata di pareti elastiche e non rigide, a differenza degli altri tratti dell'albero respiratorio. La pervietà del faringe in veglia è garantita da un adeguato tono delle relative strutture muscolari.
Per contro il sonno è una condizione relativamente sfavorevole per la respirazione, in quanto sia per la posizione supina, sia per l'ipotonia muscolare, si determina un collasso del lume oro-faringeo e un grave ostacolo al flusso aereo, che il paziente tenta di superare con un conseguente incremento dello sforzo respiratorio.
L'apnea termina con la ripresa della ventilazione che determina il russamento, grazie al ripristino del tono dei muscoli dilatatori del faringe mediante stimoli chimici (ipossia ed ipercapnia conseguenti alla apnea) e meccanici (elevate pressioni nelle vie aeree durante l'evento apnoico) che determinano superficializzazione del sonno con risveglio elettroencefalografico, detto “arousal”. Il continuo ripetersi per tutta la notte di apnee e di arousals determina frammentazione e riduzione dell'efficienza del sonno.
 
Associati all'evento apnoico, oltre alle anomalie dei gas già menzionati, si osservano fenomeni a carico dell'apparato cardiocircolatorio quali tachi-bradi-aritmie ed incrementi delle pressioni arteriosa sistemica e polmonare. La presenza di questo pattern respiratorio notturno alterato associato alle alterazioni sistemiche conseguenti, persistenti anche durante la veglia (ipersonnia, cefalea, astenia, ipertensione arteriosa, deterioramento intellettivo) (Tab. II) configurano una vera e propria entità morbosa, la Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno (OSAS).

La definizione diagnostica dell'OSAS è basata sulla individuazione delle apnee o ipopnee durante il sonno, calcolando un indice patologico di apnea/ipopnea per ora di sonno (AHI). Le apnee possono variare da 10 (limite patologico) fino a più di 100 per ora di sonno con durata variabile fino a qualche minuto nelle forme più severe. Per diagnosticare questa patologia è necessario sottoporre il paziente ad un esame polisonnografico durante il sonno che permette il monitoraggio continuo e la registrazione di numerosi parametri funzionali e il calcolo di alcuni indici significativi.

 
Esiste una classificazione in stadi della gravità della malattia introdotta da Lugaresi che indica come stadio 0 o pre-clinico quello caratterizzato da forte russamento associato o no a sporadiche apnee (AHI<10), stadio I quando ci sono frequenti apnee, ma solo in alcune situazioni (posizione supina, fase REM), stadio II con apnee ricorrenti per tutta la notte, stadio III o complicato quando alle apnee è associata ipoventilazione notturna e diurna.
 
Si parla di «overlap syndrome» quando l’OSAS è associata a broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) prevalentemente, ma anche ad altre patologie. Questa associazione si riscontra nel 10% dei soggetti affetti da OSAS. La conseguenza principale di questa patologia è il più elevato rischio di sviluppare insufficienza respiratoria ed ipertensione polmonare anche con un deficit ostruttivo non severo.
Ci sono condizioni anatomiche e non che predispongono all'insorgenza dell'OSAS, come le anomalie delle vie aeree superiori (ipertrofia delle tonsille e dei turbinati, dell'ugola, macroglossia, ipoplasia mandibolare, atresia o stenosi delle coane, deviazione del setto nasale, malformazioni cranio faciali e l'obesità sia per l'eccessivo deposito di grasso perifaringeo con alterazioni della forma e del calibro dello spazio faringeo che per la alterata dinamica toraco-polmonare. Inoltre l'assunzione di alcol, stress, farmaci che determinano una riduzione del tono muscolare, sono ulteriori fattori di rischio per l'insorgenza dell'occlusione.
 
L’approccio terapeutico, per la presenza di alterazioni anatomiche e la possibile coesistenza di varie patologie, è pluridisciplinare e variabile da soggetto a soggetto. In alcuni pazienti e per forme meno gravi è sufficiente l'eliminazione di sostanze o farmaci che deprimono il sistema respiratorio, oppure la correzione chirurgica delle alterazioni a carico delle alte vie aeree. Di recente introduzione l'intervento di uvulopalatofaringoplastica (UPPP) che modifica lo spazio aereo ampliando è correggendo i diametri faringei. I risultati sono comunque molto variabili da soggetto a soggetto e con una efficacia non superiore al 50%. Importanza sperimentale hanno la laserterapia sul palato molle e la stimolazione elettrica sottomentoniera che ristabilisce la pervietà delle vie aeree superiori, interrompendo precocemente l'insorgenza della apnea.
Spesso la perdita di peso si associa a notevole miglioramento della malattia.
Nell'ambito della terapia farmacologica i risultati sono ancora scarsi e contrastanti. Fra i più utilizzati gli analettici respiratori, gli aminofillinici, gli antidepressivi triciclici, il progesterone.
Attualmente il provvedimento terapeutico più utilizzato, con documentata efficacia e tollerabilità, è l'applicazione di una pressione positiva continua nelle vie aeree (CPAP), applicata per via nasale che agisce con un effetto meccanico di incremento della pressione nelle vie aeree, superiore alla pressione critica trasmurale di chiusura della faringe, prevenendo l'occlusione e gli eventi apnoici e migliorando o risolvendo completamente i sintomi clinici conseguenti. I valori di pressione applicati variano nei singoli soggetti e vengono stabiliti in relazione alla scomparsa delle anomalie respiratorie, del russamento, delle desaturazioni e della frammentazione del sonno. Di recente introduzione è l'uso della autoCPAP che è in grado di rilevare le interruzioni di flusso e di adeguare il livello pressorio alle diverse situazioni notturne, riducendo la pressione media notturna e migliorando la compliance al trattamento ventilatorio.
 
La Sindrome delle Apnee Centrali (CSA)
 
Come le apnee ostruttive, sono caratterizzate dalla assenza di flusso oro-nasale per almeno 10 sec, ma si differenziano da quelle ostruttive per la mancanza di movimenti del torace e dell’addome durante la apnea, cioè non sono associate a sforzo respiratorio. Si osservano in pazienti con ipercapnia da alterzione del drive respiratorio o in patologie neuromuscolari, nel respiro periodico di Cheyne-Stokes che si può osservare in soggetti sani all'addormentamento o in pazienti con insufficienza cardiaca congestizia.
In forma pura la CSA è rara. Più frequentemente è associata alla forma ostruttiva o in modo alternato o associato come nelle apnee miste, caratterizzate da una prima parte di tipo centrale e da una seconda parte di tipo ostruttivo.
La sintomatologia è sovrapponibile a quella delle forme ostruttive e non ci sono sintomi peculiari di questa forma.
 
La Sindrome di Pickwick o Obesity Hypoventilation Sindrome (OHS)
 
È caratterizzata da obesità marcata, sonnolenza diurna, cianosi, policitemia, ipoventilazione alveolare, respiro periodico, assenza di patologie polmonari. Generalmente è associata ad un deficit ventilatorio di tipo restrittivo.
L'eziopatogenesi di questa forma non è completamente chiarita anche perché non c'è una correlazione tra il grado di obesità e l'ipoventilazione. Alcuni studi indicano che questa sindrome è dovuta all’associarsi dell'alterato controllo del drive ventilatorio congenito o acquisito e all’aumento del lavoro respiratorio dovuto all'alterata dinamica della gabbia toracica per l'obesità. La ipoventilazione è definita come una riduzione della ventilazione alveolare che si associa ad ipercapnia. Si evidenzia polisonnograficamente con una riduzione del flusso oro-nasale ed una riduzione della SaO2 che si prolunga oltre il periodo dell'apnea.
Una vera e propria sindrome delle apnee ostruttive è spesso presente in queste forme ed è il disturbo respiratorio notturno più importante in questi soggetti.
Accanto alle apnee ostruttive è possibile riscontrare periodismi respiratori tipo Cheyne-Stokes.
 
Sindromi da ipoventilazione secondaria
 
In questo gruppo di patologie l'ipoventilazione notturna non rappresenta una patologia a se stante, ma è conseguente ad una risposta del centro che controlla il respiro. Il segno clinico dell'ipoventilazione è l’ipercapnia notturna e/o diurna.
Ci sono due meccanismi di base responsabili:
1.   incremento del lavoro respiratorio come nelle patologie croniche ostruttive, o la riduzione della compliance polmonare come nelle fibrosi o nelle cifoscoliosi;
2.   ridotta capacità di lavoro muscolare come nelle malattie neuromuscolari.
 
Nelle malattie neuromuscolari la debolezza muscolare cronica determina una patologia secondaria (scoliosi, alterazioni della meccanica toracica, microatelettasie, tosse inefficace, alterato rapporto V/Q, ipossiemia ed ipercapnia) che è poi causa di insufficienza respiratoria. La debolezza dei muscoli respiratori può essere associata ad un malfunzionamento centrale del controllo ventilatorio come nella distrofia miotonica con conseguenti apnee di tipo centrale. C'è inoltre una incapacità a generare la forza per muovere il diaframma ed a volte si associa un restringimento a livello faringeo legato all'accumulo di grasso che facilita la ostruzione durante il sonno responsabile delle apnee ostruttive.
 
 
Metodiche di studio
 
Pulsossimetria
 
Permette la misurazione del contenuto percentuale di ossiemoglobina in maniera non invasiva. Il principio di funzionamento è legato ad un sensore che discrimina la componente pulsante arteriosa e all’analisi spettrofotometrica dell'assorbimento della luce emessa da due led e captata da un fotodetentore. Dall'assorbimento della luce a due diverse lunghezze d'onda, quella dell'Hb ridotta e quella dell'Hb ossigenata, si risale alla saturazione di O2.
Questa metodica permette il monitoraggio continuo durante il sonno della saturazione arteriosa. Vengono usate delle sonde di misurazIone applicabli a diverse parti del corpo in base alle esigenze cliniche (dito, lobo dell'orecchio, ala del naso) senza arrecare alcun disturbo.
La massima precisione di questi apparecchi si ottiene per valori superiori a 75%. Situazioni che possono inficiarne la attendibilità sono: la presenza di carbossiemoglobina oltre 2% o di altre Hb patologiche, la iperbilirubinemia, la vasocostrizione, l'ipotensione e l'ipoperfusione, gravi stati di anemia.
La pulsossimetria è considerata un valido metodo di screening dei disturbi respiratori nel sonno, con una specificità fino al 100% per le forme di apnea ostruttiva più gravi, in cui non sarebbero necessarie ulteriori indagini per la diagnosi. Viene considerata significativa una caduta di SaO2 di almeno il 4% (Fig. 1).
 


Polisonnografia tradizionale
 
La polisonnografia (PSG) è certamente il «gold standard" per la diagnosi degli SRDB. Consiste nel monitoraggio e registrazione di alcuni parametri fisiologici e fisiopatologici durante il sonno con successiva lettura, interpretazione e formulazione di un report dei parametri considerati attraverso un software specifico. Questo studio serve per diagnosticare i disturbi del sonno e per valutare la efficacia della terapia impostata.
 
Il sistema si compone di una serie di canali per la rilevazione dei segnali provenienti da elettro-encefalogramma, elettro-oculo-gramma ed elettro-miogramma per la lettura degli stadi del sonno; dell'elettro-cardiogramma e flusso oro-nasale per rilevare le apnee; dello sforzo torace-addome per determinare il tipo di apnea; del pulsossimetro per la lettura della saturazione ossiemoglobinica; dei movimenti del corpo per la posizione; del microfono per il russamento (Fig. 2). Ci sono inoltre sensori particolari per la rilevazione della pressione arteriosa, della pressione esofagea, dei gas ematici tramite monitoraggio transcutaneo o con l'ultima parte del volume espirato (end-tidal CO2).


Polisonnografia portatile
 
È una metodica semplificata di monitoraggio da eseguire come screening, che permette di ridurre il numero di PSG tradizionali, considerati gli alti costi e l'impegno che quest'ultima richiede. La polisonnografia portatile è inoltre indicata per situazioni particolari in cui non è possibile trasportare i pazienti in un laboratorio del sonno o per effettuare un controllo della terapia impostata, a domicilio. Si tratta di apparecchiature di piccole dimensioni e peso, facilmente trasportabili sia in ambienti ospedalieri che a domicilio. Permette la registrazione e la successiva lettura di un numero inferiore di segnali rispetto al polisonnigrafo standard. Ci sono apparecchiature da un minimo di 4 canali (pulsossimetria, microfono, ECG, posizione), fino ad otto canali (EEG, EMG, fasce torace-addome, flusso oro-nasale) (Fig. 3).



Aggiornamento: 12 maggio 2010

 Le notizie riportate in questa pagina sono frutto della mia personale esperienza.

 
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